Quanti post avete scritto mentre cambiavate un pannolino, raccoglievate un moccolo, allacciavate una scarpa, parlavate al telefono, preparavate la cena?
Tra un pianto e l’altro, un capriccio, un litigio, un telegiornale, un cartone animato, un citofono che suona, una lavatrice che inizia il ciclo della centrifuga, l’odore della cena che si sbruciacchia sul fuoco…
A volte essere un genitore ed essere un blogger comportano una sordità selettiva che ci permette di riconoscere i problemi veri e di escludere dal nostro raggio di azione i problemi finti.
Una grande lezione di vita, tra l’altro.
A volte ci si riduce a scrivere di notte, o al mattino presto, o in pausa pranzo, o sfruttando quei dieci minuti di beatitudine mentre si ha un figlio ipnotizzato davanti alla TV.
La concentrazione, poi, cambia, e migliora, e diventa una bolla.
La concentrazione, poi, alla lunga, diventa una Poesia, una musica, un suono di tasti che si rincorrono e creano un silenzio interno, una melodia, una lingua digitale che racconta favole e storie e paradisi artificiali e canzoni di menestrelli.
Un giorno, a forza di scrivere miliardi di parole e di lettere e di combinazioni... un giorno la concentrazione diventerà silenzio, diventerà attimo senza tempo, idea che prende forma, sostanza che si materializza.
E le parole sgorgheranno rapide, da sole, pulite e fresche, come l’onda ritmica che si infrange sulla battigia.
Le parole vivranno di vita propria, mentre intorno la città muove i suoi passi: la vita tenderà quasi a fermarsi, in quell’istante perfetto, in quella combinazione di parole, in quelle note dipinte sulla tastiera.
E scrivere non sarà più lo scrivere di sempre, sarà lo scrivere di poesia, la musica del cuore, la sincronia dell’universo, il messaggio di un’anima a un’altra anima.